Come inculcare buone abitudini di studio al piccolo scolaro, quale dovrebbe essere il ruolo del genitore e come capire se ci sono disagi.
I consigli sono emersi a una giornata di studio promossa dal Servizio di psicologia dell'apprendimento e dell'educazione dell'Università Cattolica di Milano
Compiti a casa: un argomento molto dibattuto e non soltanto in Italia, per i risvolti che ha sulla vita familiare. Spesso basta poco per arrivare a pianti e urla.
Così i fine settimana invece di rigenerare genitori e figli si trasformano in (inutili) match.
Per trovare alcuni consigli utili per i genitori abbiamo valutato una giornata di studio sul tema promossa dal Servizio di Psicologia dell’apprendimento e dell’educazione (SPAEE) dell'Università Cattolica di Milano.
Ecco che cosa ne è emerso.
1) I compiti a casa sono utili per il bambino
Secondo Manuela Cantoia, coordinatrice delle attività formative dello SPAEE ed esperta in psicologia dell'apprendimento, i compiti a casa sono utili ai bambini e alla loro crescita per i seguenti motivi:
aiutano il piccolo alunno a confrontarsi con la dimensione del dovere, fanno imparare la fatica;
sviluppano la capacità di organizzarsi del bambino e diventa più autonomo;
attraverso il lavoro a casa, un bambino impara a conoscere meglio se stesso, a reagire alla frustrazione, persistendo con costanza e determinazione al perseguimento dell'obiettivo;
a casa, il bimbo può essere più o meno bravo, questo non è il punto essenziale. Quello che conta è la sfida ad andare avanti lo stesso e non mollare. “Ricordiamo che in molti casi il rifiuto verso una situazione è legato alla paura di fallire,” dice la psicologa.
Certo, non è facile 'convincere' un bambino che i compiti sono utili soprattutto per lui. Per lui sono un obbligo e tolgono tempo al gioco. Sbagliato, secondo la psicologa, ostinarsi a dire che i compiti sono qualcosa di divertente.
“Per i bambini, i compiti sono un dovere e, quindi, noiosi a priori. Un compito è quello che è, non ha molto senso associarlo all'idea di divertimento che crea confusione anche nel bambino,” dice Cantoia, coordinatrice delle attività formative dello SPAEE ed esperta in psicologia dell'apprendimento.
2) Evitare lo stress si può, con le buone abitudini
Il primo passo per abituare i figli a svolgere i compiti senza troppe proteste, in modo sempre più autonomo, è quello di seguire una serie di semplici (ma efficaci) accorgimenti. Anche con l’aiuto di Emanuela Confalonieri, docente di psicologia dell'educazione e dello sviluppo, ecco alcuni consigli ai genitori.
Quando fare i compiti Non lasciate al caso lo spazio di tempo dedicato ai compiti. Per i bambini è importante l’organizzazione. All'inizio, è indispensabile essere anche un po' prescrittivi: se si decide, per esempio, di dedicare ai compiti il sabato mattina, è così, punto e basta, non si deve fare altro. Un approccio del genere, aiuta il figlio a imparare ad autoregolarsi.
Dove fare i compiti Il luogo dove fare i compiti deve favorire la concentrazione dei bambini. Quindi, se i compiti vengono fatti nella cameretta, la stanza deve essere in ordine e soprattutto lo deve essere la scrivania. Inoltre non ci devono essere in giro giochi, videogiochi, tv , palloni o altre cose che possono distrarre il bambino. Se la cameretta viene condivisa con un fratellino/sorellina o è impossibile fare ordine, forse potrebbe essere il caso di trovare un luogo alternativo. Per esempio, il tavolo della cucina o un angolo della casa dove c’è una scrivania e una sedia.
Un aiuto quando serve Il genitore che ha più pazienza, si assuma l’incombenza di dare una mano al bambino che chiede aiuto o che non capisce qualcosa. Meglio metterselo bene in testa: rimproveri e urla servono soltanto a stressare il bambino e a minare la fiducia nelle sue capacità. Quello che dovrebbero fare i genitori è esattamente il contrario: dare fiducia e evidenziare i risultati positivi (è quello che gli psicologi chiamano rinforzo positivo).
Cosa fare se sbaglia Quando il genitore nota un errore, dovrebbe invitare il bambino a rileggere e a capire che cosa sbagliato. Inutile invece mandare a scuola il bambino con i compiti perfetti se poi non ha capito il concetto. Anzi, può anche essere deleterio perché la maestra non riuscirà a capire l’effettiva preparazione del bambino.
Controllo o non controllo? All'inizio del percorso scolastico, è meglio controllare, per esempio, che il figlio si ricordi di fare tutti i compiti (non solo quelli che preferisce!) o che porti il necessario per disegno o educazione fisica il giorno giusto. Ma poi, piano piano, il controllo deve diventare sempre meno stretto e, soprattutto, l'adulto non deve sostituirsi al figlio e fare le cose al posto suo. Il bambino cresce, diventa più responsabile e autonomo e impara anche a gestire la sua vita a scuola. Naturalmente, ogni bambino ha i suoi ritmi, mamma e papà devono rispettarli e capire quando il figlio è pronto a una maggiore autonomia e non ha più bisogno di una costante 'supervisione'.
3) Mamma e papà devono dare sostegno e fiducia
Secondo Marisa Giorgetti, ricercatore del Dipartimento di Psicologia, il concetto chiave è 'esserci'. Che cosa significa? “Il genitore deve offrire al figlio un sostegno emotivo alla sua fatica, mostrare comprensione e aiutarlo a sviluppare il senso di responsabilità e la capacità di applicarsi”, spiega la psicologa.
Inoltre, deve dare fiducia. “E’ molto importante incoraggiare il bambino quando è impegnato nei compiti. Il genitore può/deve rassicurare il figlio con un atteggiamento positivo. Il messaggio che deve trasmettere è: 'Dai, va tutto bene, puoi farcela!'.
Non solo. L'adulto deve diventare “complice del bambino nella capacità di sormontare gli ostacoli. Questo non vuol dire fare i compiti al posto suo, ma al contrario accompagnarlo, se necessario, a superare gli scogli”, dice ancora la psicologa.
La presenza del genitore ha anche “la funzione di sostenere l'autodisciplina: con il tempo, il bambino si metterà da solo a fare i compiti, in modo autonomo, senza troppe sollecitazioni da parte di mamma o papà”, dice Giorgetti.
Sulla stessa lunghezza d'onda, anche Annella Bartolomeo, psicologa e psicoterapeuta, che sottolinea quanto l'ambiente familiare svolga un ruolo significativo nei confronti del successo scolastico del figlio. “La famiglia dovrebbe alimentare l'autostima del figlio, è fondamentale trasmettere al bambino l'idea che può farcela a svolgere quel compito. Altrettanto efficace è mostrare interesse verso i compiti a casa, sollecitando, piano, piano, l'autonomia del bambino”, dice l'esperta.
4) Il protagonista è il bambino, non il genitore
Il bambino deve sentirsi protagonista della sua esperienza scolastica, è molto importante. I genitori devono sostenerlo e essere presenti ma, attenzione, non sono loro a tornare tra i banchi di scuola.
“Appena inizia la scuola, questo obiettivo, chiaro per il mondo della scuola, deve esserlo anche a casa, per la famiglia - dice la docente di psicologia Emanuela Confalonieri. Occorre, dunque, sostenere un percorso di autonomia del figlio per ogni aspetto della vita scolastica - compiti, materiali, organizzazione - anche tra le pareti domestiche”.
Con il tempo, la famiglia può anche aiutare il figlio a capire che, se all'inizio si studia per fare contenta la mamma o la maestra – in realtà, imparare cose nuove ha un senso per se stessi e non per gli altri o per il voto”, sostiene la docente.
Questo è un percorso graduale, che richiede tempo e maturazione, e cambia per ogni bambino. All'inizio, quindi, può essere necessario insistere per fare i compiti. “Nel primi tempi a scuola, ci sono bimbi che fanno una reale fatica, stanno male - dice l'esperta. Si può provare a stargli accanto e poi lasciarli 10 minuti da soli a fare i compiti”.
Secondo la psicologa, a volte, “i genitori nutrono grandi aspettative verso il figlio, e ci tengono che vada a scuola con i compiti ben fatti - ed ecco la tentazione di farli al posto dei figli! -. In qualche modo, insomma gli adulti si sentono valutati. Questo atteggiamento, però, non aiuta il bimbo a imparare e diventare sempre più autonomo”.
5) Il bambino dice no. E se mascherasse un disagio?
Il bambino si lancia in mille scuse e pretesti per evitare i compiti? Secondo la psicologa e psicoterapeuta Annella Bartolomeo, questo comportamento potrebbe anche essere un segnale di disagio e non un semplice capriccio.
Oltre che parlare con il bambino (o tenendolo sotto osservazione per un po’), “potrebbe essere importante confrontarsi e parlare con gli insegnanti”, dice la psicologa per capire meglio il contesto scolastico e della classe (rapporto con gli insegnanti, rapporti con i compagni per esempio) oppure se ci sono problemi di apprendimento.
Per Bartolomeo se il bambino è in fase di opposizione con i compiti è molto importante anche evitare insulti, ricatti o punizioni perché generano “solo un vissuto di impotenza e rabbia nel bambino. E con il tempo, si rischia di sviluppare una resistenza ancora più forte nei confronti della scuola”.
A volte, inoltre, bisogna tenere conto che il carico di lavoro assegnato può essere davvero troppo pesante. “Le scelte didattiche possono anche non essere adatte a tutti gli alunni,” osserva Bartolomeo.
Infine, si tenga presente che le nuove generazioni vivono con insofferenza “la noia e la mancanza di eccitazione, quindi per loro 'rassegnarsi' o capire l'importanza dei compiti a casa è un po’ più difficile rispetto alle generazioni precedenti”, conclude Annella Bartolomeo.