Conviene essere genitori amici o genitori autoritari? Difendere i propri figli a ogni costo o lasciare che se la cavino da soli?
A queste domande risponde Domenico Simeone, docente di Pedagogia all'università Cattolica di Milano, che ci spiega come è meglio comportarci per dare ai nostri figli «un'educazione buona»
«Ogni buona educazione dovrebbe essere accompagnata da una educazione buona, dovrebbe cioè non ridursi a un semplice galateo, ma essere interiorizzata».
Parola di Domenico Simeone, docente di pedagogia all’università Cattolica di Milano, al quale abbiamo chiesto Qualche semplice regola su come educare i nostri figli a partire dalla più tenera età. Il primo principio che ogni genitore deve tenere a mente è che «prima di chiedere al bambino rispetto bisogna rispettarlo.
Rispettare i suoi tempi, le sue esigenze, la sua natura».
Come insegnare l’educazione ai neonati: non sei onnipotente
Il bambino piccolo comincia a imparare l’educazione «quando si accorge di non essere onnipotente e di non poter avere tutto». Un esempio è la frustrazione che nasce nel neonato che ha fame, ma non può mangiare perché magari la pappa non è ancora pronta. La conseguenza è il pianto al quale i genitori reagiscono prendendolo in braccio e cercando di tranquillizzarlo. «È chiaro – spiega Simeone - che il neonato non comprende il significato delle parole, ma reagisce al tono rassicurante e si calma. Comincia così a interiorizzare il concetto che dopo una frustrazione può comunque arrivare l’appagamento».
Come insegnare l’educazione ai bambini piccoli: regole chiare e gerarchia tra le norme
Una delle prime cose da fare con un bambino ancora molto piccolo è stabilire delle regole chiare e coerenti. Molto utile è creare una gerarchia tra le norme e cambiare atteggiamento a seconda della gravità del comportamento. Bisogna fare capire ai propri figli che ci sono dei divieti assoluti e dei divieti che ammettono eccezioni. Un esempio: «picchiare il fratellino più piccolo è sempre sbagliato, colorare la parete può non esserlo». In quel caso, infatti, il bimbo sta esprimendo la sua creatività e sarebbe un errore soffocarla. La soluzione è reindirizzarla offrendo un’alternativa. Come? «Per esempio attaccando dei cartelloni bianchi al muro sui quali è permesso colorare».
Come insegnare l’educazione ai più grandi: autorevolezza (non autoritarismo)
Meglio essere genitori autoritari o genitori amici? È il dilemma che mamme e papà affrontano più di frequente. Per il professor Simeone «esiste una terza via».
I genitori possono scegliere di costruire col proprio figlio adolescente un rapporto paritario, ma in quel caso «stanno abdicando al loro compito cercando di "sedurlo" e avere il suo consenso». Così facendo i ragazzi «acquistano un amico, ma perdono un genitore».
L’atteggiamento autoritario, invece, tradisce l’esigenza dei genitori di imporsi al di là di ogni ragione. Per Simeone, perciò, «l’atteggiamento migliore è quello autorevole che si ha quando la mamma e il papà riconoscono l’asimmetria che esiste nel rapporto con il proprio figlio, senza però creare una distanza».
È importante, inoltre, che il genitore «mostri di credere nel proprio figlio, di avere nei suoi confronti delle aspettative alte. Al tempo stesso deve sostenerlo».
Come punire i figli quando sbagliano: i correttivi
Quando un figlio sbaglia, la prima cosa da fare è aiutarlo a comprendere che ha sbagliato. Dopodiché, l’azione deve avere una conseguenza, ma è bene che le punizioni «siano correlate al comportamento scorretto».
Spesso, invece, accade che la punizione sia puramente perequativa come quando si requisire il cellulare al ragazzo che non ha fatto i compiti. Bisognerebbe invece «trovare dei correttivi legati alla mancanza».
Un esempio: se capita che vostro figlio picchi il fratellino minore,una giusta punizione potrebbe essere quella di chiedergli di occuparsi di lui per rimediare allo sbaglio.Cosa fare quando inizia la scuola: allearsi con gli insegnanti
Quando il figlio lascia la famiglia d’origine per conoscerne una nuova il primo istinto dei genitori è di mettersi sempre dalla loro parte, anche quando questo comporta andare contro ai loro insegnanti.
Questo succede perché «si pensa che l’educazione sia un fatto privato che compete solo ai genitori, mentre invece per crescere un bambino c’è bisogno di più persone». A questo si aggiunge il fatto che si pensa che il successo scolastico di un figlio corrisponda alla bravura dei genitori e viceversa.
«È necessario ritrovare un’alleanza tra tutti gli adulti che hanno la responsabilità educativa» e questo vale anche per il rapporto genitori-insegnanti, conclude Simeone.