Un recente studio americano ha dimostrato come il pensiero dei bimbi vada ad acquisire nuove parole ascoltando suoni associati ad oggetti che poi vanno a formare grandi categorie mentali; l'esperienza è dunque alla base di tutto.
Come in filosofia (Aristotele e Kant ne sarebbero orgogliosi), la mente dei bambini si affida ad un efficace sistema di categorie per imparare il significato delle parole.
A dirlo è un recente studio della Northwestern University di Evanston (USA) nel quale i ricercatori hanno testato i processi cognitivi dietro lo sviluppo del linguaggio.
Alla base di tutto, ovviamente, c'è l'esperienza: i piccoli sentono che una cosa viene chiamata in un certo modo e allora associano il suono percepito (es: "sedia") a quel particolare oggetto. Ma come fanno però a capire che quella parola "sedia" può essere estesa anche a tutta una categoria di oggetti e non solo a quel particolare referente?
Per le macchine esiste un procedimento chiamato "semi-supervised learning" (SSL) che permette l'apprendimento di nuove informazioni creando un profilo iniziale che poi viene arricchito da una serie più ampia di elementi che rispondono a determinate caratteristiche e creano quindi una catgoria vera e propria.
Ma funziona anche con noi umani?
L'esperimento
Per testare la possibile l'efficacia di un simile processo, gli studiosi hanno mostrato ad alcuni bebè una serie di sei oggetti tutti appartenenti ad una categoria di "cose" che non avevano mai visto prima.
Ad alcuni dei piccoli veniva mostrato ogni singolo oggetto "etichettandolo" con il proprio nome, ad altri si diceva il nome solo dei primi due (stimolando dunque il processo di SSL), mentre ad altri ancora si facevano vedere gli oggetti senza dare indicazioni particolari.
Alla fine dell'esperimento, l'ultimo gruppo non aveva imparato nulla, mentre i bimbi che avevano udito i nomi di tutti e sei gli oggetti avevano memorizzato tutta la categoria.
Sorprendentemente però, anche i bambini che avevano ascoltato soltanto i nomi dei primi due oggetti avevano imparato la nuova categoria. La mente dei piccoli era dunque riuscita a generare un concetto-base legato alla parola ascoltata e associarlo correttamente agli oggetti che rispondevano a caratteristiche simili.
«Questi risultati suggeriscono che il "semi-supervised learning" può essere un metodo piuttosto potente - ha spiegato Alexander LaTourrette, firma principale dello studio - Soltanto ascoltando due denominazioni, i bimbi possono imparare il resto per conto loro, con o senza ulteriori esempi».
Per facilitare l'apprendimento del vocabolario di una lingua dunque, si conferma fondamentale l'ascolto di parole pronunciate dall'adulto e "spiegate" attraverso esempi e indicazioni al piccolo.