Come aiutare i bambini a parlare? Abbiamo chiesto a Eleonora La Monaca, logopedista a Parma, di darci alcuni consigli su cosa è bene fare o non fare per sostenere i nostri bambini nella fase dello sviluppo del linguaggio
Parlando di sviluppo del linguaggio, ci sono strategie e accorgimenti che i genitori e gli educatori possono seguire prima che i bambini parlino, per aiutarli. Le ricerche ci dicono che lo sviluppo del linguaggio inizia già dagli ultimi mesi di gestazione e che ogni bambino ha un suo proprio potenziale del linguaggio che l'ambiente intorno può aiutare a fiorire al meglio delle sue possibilità. Chiediamo a Eleonora La Monaca autrice del blog Mamma Logopedista e logopedista a Parma di darci alcuni consigli su cosa è bene fare o non fare per sostenere i nostri bambini in questa fase importantissima della loro crescita.
Eleonora, quali sono le azioni che sono più di aiuto allo sviluppo del linguaggio nel primo anno di vita?
Il ruolo dell’adulto è fondamentale sia perché fornisce gli stimoli linguistici col suo parlato, sia per il contorno comunicativo e di rinforzo. Prima della fase verbale del bambino, prima cioè che sappia dire le parole, è importante parlargli molto e rispondere a tutte le sue produzioni, come i vocalizzi e la lallazione, prestandogli molta attenzione e portando avanti delle proto-conversazioni che gettano la base per le regole comunicative del parlato. Molto importante è anche il contatto oculare, quando è scarso, è importante richiamarlo e stimolarlo. Una volta che il bambino accede alle parole (fase verbale) è importante rivolgersi a lui in modo corretto e completo, riformulando anche le sue produzioni sia per dare conferma di avere capito quello che ci vuole dire, sia per fornirgli il modello corretto a cui “ispirarsi”.
Quali sono gli errori più comuni che facciamo e che possono interferire con lo sviluppo del linguaggio nei primi tre anni di vita?
Non è semplice rispondere a questa domanda. Ci sono, in effetti, alcuni atteggiamenti ricorrenti nei racconti dei genitori. Tutti questi comportamenti hanno l’obiettivo di aiutare e sostenere il bambino, ma in alcuni casi possono essere controproducenti.
I più comuni sono:
- Chiedere abitualmente al bambino di ripetere le parole correttamente: è sbagliato perché il bambino fino a una certa età può avere ancora tante produzioni alterate rispetto al linguaggio dell’adulto, perciò dobbiamo intervenire su quello che il bambino vuole esprimere e non su come lo dice. A lungo andare, continue interruzioni del suo pensiero solo allo scopo di dire bene una parola, diventano demotivanti e addirittura frustranti se il bambino ha anche alcune difficoltà di linguaggio. Per il bambino le parole hanno senso solo all’interno di un concetto che stanno esprimendo e se sono molto piccoli non capiscono il senso di una richiesta di ripetizione se il messaggio è stato capito dall’adulto.
- Parlare troppo e sostituirsi a lui: spesso l’adulto tende a sovrastare il linguaggio del bambino parlandogli in modo molto complesso e sostituendosi a lui quando qualcuno gli rivolge la parola. È importante lasciare che il bambino si misuri con le sue potenzialità, far sì che sfrutti tutte le occasioni per usare questo nuovo e complesso strumento che ha disposizione. Quindi sì al sostegno, ma solo quando effettivamente il bambino è in difficoltà.
Quali sono i segnali che ci dicono che va tutto bene e quando è meglio rivolgersi al logopedista per una valutazione?
Tengo particolarmente a ricordare che il logopedista si occupa anche di prevenzione dei disturbi; rivolgersi a un logopedista, quindi, non necessariamente significa iniziare un percorso di riabilitazione, ma può essere un momento di osservazione e valutazione allo scopo di individuare se c’è o meno una difficoltà reale o se magari sia solo il caso di modificare alcuni atteggiamenti al fine di stimolarlo in modo adeguato. Più il bambino è piccolo più è difficile trovare segnali chiari di una difficoltà di linguaggio, ma ci sono alcuni casi ampiamente confermati dalla letteratura scientifica che meritano quanto meno una valutazione delle abilità linguistiche.
- Assenza di lallazione entro i 12 mesi
- 24 mesi: meno di 50 parole
- Tra i 2 e i 3 anni se il linguaggio del bambino è presente, ma gli altri non lo capiscono perché è molto alterato
- A 3 anni: se i suoni che il bambino produce sono molto alterati o se ci sono ancora molti suoni assenti (anche se si capisce quando parla).
- Dopo i 4 anni: direi che è sempre utile un confronto con un logopedista, in quanto il linguaggio dovrebbe essere già ampiamente adeguato.
Inoltre, è bene confrontarsi col pediatra se:
- Se avete l’impressione che non senta bene.
- Se il bambino sembra non capire il linguaggio: per esempio non esegue semplici comandi, tipo “prendi le scarpe”